"Caro Picasso,
Ti invio altre foto delle statuette etrusche del Museo di Cortona , che ho fatto fare per te e che spero troverai interessanti . La mia piccola città di Cortona è davvero piacevole e mi dispiace dovere partire domani ...Forse ci rivedremo a Cannes quest'inverno. Ti ho molto pensato tra questi Etruschi..."
Nel settembre del 1958 Gino Severini scrive al suo amico Picasso confermando, come già aveva fatto in una precedente missiva, qualche mese prima, il suo interesse per le sculture etrusche conservate nel museo della città natale, dove era tornato per lunghi soggiorni estivi dopo tanti anni di lontananza.
Proprio l'ispirazione tratta da queste opere e in particolare dalla famosa statuetta bifronte raffigurante la divinità "Culsan" (Giano) - tra le icone della collezione etrusca cortonese insieme a quella di "Selvans", entrambe rinvenute casualmente a ridosso delle mura della città toscana nel1847 - è al centro della piccola ma illuminante mostra "dossier" Giano-Culsans: il doppio e l'ispirazione etrusca di Gino Severini. Dalle Collezione dell'Accademia Etrusca di Cortona che, dopo la prima sede alla Fondazione Rovati a Milano, sarà ora al MAEC di Cortona dal 30 marzo al 4 maggio 2025.
Un'occasione di singolare contaminazione tra antico e moderno che consente di gettare nuova luce su fascinazioni, suggestioni creative e momenti biografici di una delle figure più rilevanti dell'arte del Novecento, accostando per la prima volta i famosi bronzi votivi custoditi al MAEC, raffiguranti due figure mitologiche di età ellenistica e databili alla prima metà del III secolo a. C., e il "Giano bifronte" che Severini realizza a Parigi nel 1962 nella fonderia di Mario Busato: opera prestata per l'occasione dalla figlia dell'artista, Romana Severini Brunori, insieme a tre bellissimi studi preparatori in grafite su cartoncino.
In mostra anche una fusione postuma - uno degli ingrandimenti della scultura fatti realizzare nel 1996 dalla stessa Romana Severini, donato all'Accademia Etrusca e ora esposto nelle nuove Sale del Maec dedicate all'artista - e una suggestiva "Natura morta con aringa e compostiera blu" del 1946-47 (dono a Cortona del giornalista e intellettuale Alfonso Leonetti, in ricordo della moglie Pia Carena ) in cui si scorgono due vasi, una brocca e un recipiente, che richiamano il vasellame in bucchero degli aristocratici etruschi, a conferma dell'interesse già maturo nel pittore per le antichità.
Curata da Sergio Angori, Paolo Bruschetti e Giulio Paolucci, la mostra realizzata in collaborazione con la Fondazione Rovati è inserita nel progetto "Gino Severini e Cortona. Un artista internazionale nella sua città. Percorsi, testimonianze ed eventi" promosso dal Comune di Cortona con il MAEC e l'Accademia Etrusca, e sostenuto dalla Direzione Generale per la Creatività Contemporanea del MiC ( PAC 2024): un programma di eventi, conferenze e itinerari, in vista dell'importante esposizione con cui la città celebrerà nel 2026 i 60 anni dalla morte di Severini.
Un progetto che riannoda i fili della relazione dell'artista, straordinario precursore e teorico dell'arte del XX secolo, con la sua città, lasciata sedicenne e riscoperta in tutta la sua ricchezza di stimoli e cultura negli anni Cinquanta. D'altra parte "l'attrazione etrusca" in Severini non può essere considerata solo una moda, una sensibilità legata alle riflessioni e alle tendenze culturali del tempo, come per molti contemporanei vinti dal primitivismo e dall'immediatezza epressiva dell'arte etrusca, all'indomani della scoperta dell'Apollo di Veio.
Severini la passione per gli etruschi l'aveva nel DNA e pur inconsapevolmente nelle radici di una città dalle testimonianze etrusche diffuse, che già nel Settecento, con la nascita dell'Accademia aveva cominciato uno straordinario percorso di valorizzazione anche del suo passato italico. "Cortona è una città molto, molto antica" aveva scritto a Picasso. "Pensa che io l'ho scoperta l'anno scorso, per così dire, perché me ne sono andato a 16 anni (espulso da scuola, da tutte le scuole d'Italia, per 2 anni), e allora i Pelasgi, i Romani e persino Signorelli, mio concittadino, mi interessavano poco".
La visita che Severini fece al Museo di Cortona in quell'estate del 1958 fu illuminante. Richiese appositi scatti fotografici della statuetta bifronte del Culsans , il Giano romano dio del "passaggio", posto probabilmente a tutela della porta monumentale d'accesso alla città –"bifronte" per guardare fuori e dentro le mura - ma chiese anche le riproduzioni di un altro nucleo di sculture, che lo colpirono per la linearità, l'essenzialità dei caratteri, il realismo: statuette di oranti maschili e femminili, dalle forme allungate, modernissime.
Quelle fotografie fecero da traccia, fissarono il ricordo, continuarono a stimolarlo fino alla creazione finale del Giano bifronte .Ma quelle stesse fotografie, come abbiamo visto, Severini volle inviarle anche a Picasso, l'amico con cui da anni amava confrontarsi, e la mostra contribuisce a mettere ulteriormente a fuoco la relazione fondamentale tra due mostri sacri dell'arte moderna.
Così anche l'autore di Guernica pare abbia tratto ispirazione dai bronzi etruschi di Cortona: "La cosa curiosa - scrive Romana Severini nell'interessante pubblicazione che accompagna la mostra - è che in quei tempi anche Picasso realizzò una scultura ispirata al Giano etrusco, che io vidi presentata a un'asta. Si può ipotizzare che Picasso leggendo la lettera di mio padre scritta da Cortona( ...) si fosse invogliato, lui curioso di tutto quello che poteva intraprendere di nuovo, a elaborare una sua versione.."
E proprio Romana Severini sarà a Cortona il 29 marzo per l'inaugurazione della mostra e per un incontro speciale con il pubblico Tutta la vita di un pittore in dialogo con la curatrice del progetto "Gino Severini e Cortona" Daniela Fonti, con cui condividere i ricordi e le riflessioni sul padre: il Severini artista e uomo. La mostra è accompagnata da una pubblicazione di grande interesse con contributi di: Paolo Bruschetti, Sergio Angori, Giulio Paolucci, Romana Severini Brunori, Paolo Giulierini, Marco Belpoliti.